“Paolo ha nove anni, frequenta la quarta elementare e da qualche tempo il suo comportamento è stato definito “problematico” sia dagli insegnanti che dai suoi genitori…

…già da quando era molto piccolo Paolo era piuttosto irrequieto e non sembrava ben adattarsi a ritmi regolari di alimentazione e di sonno; alla scuola materna era tra i bambini più vivaci, poteva fare cose non prevedibili e reagire in modo particolare a quello che gli altri bambini o le insegnanti gli dicevano, tanto da essere definito come un bambino un po’ difficile da controllare e da orientare verso attività organizzate…

…se stava giocando con un oggetto che gli piaceva molto, non permetteva agli altri bambini di partecipare al gioco, arrivando anche a respingerli con la forza e rifiutandosi di abbandonare la sua attività anche quando gli veniva chiesto dall’insegnante; in altri casi invece passava molto rapidamente da un gioco ad un altro senza terminarne uno e senza interessarsi ad alcun oggetto per lungo tempo…

… pare esserci una sproporzione fra il modo insistente di richiedere un giocattolo e l’uso che poi ne fa, di solito limitato nel tempo…

…con l’inizio delle scuole elementari la situazione si è un po’ complicata: la sua difficoltà a restare attento durante le lezioni in cui venivano insegnate le basi per leggere e scrivere lo ha portato ad avere difficoltà a mantenersi al passo con gli altri ed a manifestare un rendimento scolastico adeguato …

…i compiti scolastici che gli vengono assegnati in generale sono eseguiti in modo disordinato e contengono errori, o addirittura in certi casi non vengono svolti o portati a termine …

…a volte sembra anche che Paolo non abbia capito o non sia in grado di ricordare le indicazioni date dall’insegnante sul lavoro da fare. Capita spesso che Paolo riceva rimproveri per non essere stato attento …”

1999, Vio et al., Il bambino con deficit di attenzione/iperattività, Trento, Erickson

 

Questa è la storia di Paolo, un bambino con l’ADHD.

Prima di proseguire nella lettura dell’articolo e addentrarci meglio nella descrizione del disturbo, vi invitiamo a guardare questo video: https://www.youtube.com/watch?v=6EVbmTmh4m4&ab_channel=AndreaRomanazzi

Si tratta di un simulatore di ADHD, prodotto dal Prof. Gianluca Daffi, che vi farà mettere nei panni di un bambino con questo disturbo.

 

L’ADHD (acronimo inglese che sta per Attention Deficit Hyperactivity Disorder), chiamato in lingua italiana DDAI (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), è un disturbo del neurosviluppo, di natura congenita e a eziologia multifattoriale (genetica, neuro biochimica, anatomica, ambientale).

I dati statistici riportati nel DSM-5 indicano una prevalenza del disturbo del 5% in età scolare e del 2,5% negli adulti. Secondo una ricerca italiana (Bianchini et al., 2013), i bambini con ADHD sarebbero il 3%. Secondo gli insegnanti, addirittura il 20% degli alunni sarebbero disattenti o iperattivi (Mugnaini et al., 2006); tra questi però ci sarebbero tanti falsi positivi, tra cui soprattutto altri disturbi e bambini molto vivaci. Il disturbo sembra inoltre colpire in misura maggiore i soggetti di sesso maschile con un rapporto maschi: femmine 2:1 nei bambini e 1,6:1 negli adulti.

Il disturbo, come indicato nel DSM-5, si manifesta principalmente con due classi di sintomi: un marcato livello di disattenzione e/o una serie di comportamenti che denotano iperattività e impulsività.

Per poter porre diagnosi, i soggetti devono presentare i sintomi descritti per almeno sei mesi e in almeno due contesti di vita; è altresì importante che tali manifestazioni siano o siano state presenti nel bambino prima dei dodici anni di età e che queste compromettano o abbiano compromesso il rendimento scolastico e sociale del bambino.

La diagnosi può essere di tipo combinato, se entrambi i sintomi di disattenzione e iperattività/impulsività sono presenti; con disattenzione predominante, se il soggetto presenta solo i sintomi della categoria “disattenzione” o con iperattività-impulsività predominante, se presenta i sintomi che appartengono esclusivamente alla categoria “iperattività-impulsività”.

Tra le caratteristiche primarie abbiamo:

  • la disattenzione: difficoltà a focalizzare l’attenzione su qualcosa e/o a mantenere l’attenzione per un tempo prolungato, in particolar modo quando il bambino si trova dinanzi ad attività noiose e lunghe in cui deve sforzarsi per un tempo esteso;
  • l’impulsività: la tendenza del bambino a parlare e agire in maniera precipitosa, a fare le cose senza pensarci, spesso si dice proprio che questi bambini “agiscono quello che pensano”, faticano a rispettare i turni, sia nei giochi sia nelle conversazioni, hanno difficoltà a rispettare le richieste e i ruoli assegnati, faticano ad aspettare le gratificazioni per ciò che hanno fatto correttamente, pretendendo subito ciò che gli era stato promesso;
  • l’iperattività: la tendenza ad essere sempre in movimento, questi bambini solitamente manifestano una serie di comportamenti senza alcun fine preciso, talvolta sono maldestri nei movimenti, possono urtare oggetti accidentalmente o addirittura cadere a terra.

Alcuni studiosi sostengono che il core deficit dell’ADHD sia l’autoregolazione. Il bambino è in difficoltà a regolare le proprie risposte fisiologiche, emotive, cognitive e comportamentali in funzione delle proprie esigenze e di quelle dell’ambiente.

Tra le caratteristiche secondarie di tale disturbo possiamo trovare: scarso rendimento scolastico, difficoltà nel pianificare e organizzare le proprie attività e i propri impegni, bassa autostima, a causa di numerosi richiami ed esperienze di insuccesso, fatiche a gestire i rapporti sociali con i pari, difficoltà a gestire le proprie emozioni e a controllare i propri impulsi e ansia.

Ma non dimentichiamoci degli aspetti positivi che possono avere questi bambini. Sono bambini solitamente simpatici e spiritosi, con un sacco di energia…che va sicuramente canalizzata nel modo giusto!

La formulazione della diagnosi è svolta da un’equipe, composta solitamente dal Neuropsichiatra Infantile e dell’Adolescenza e dallo Psicologo, con specifiche competenze sulla diagnosi e sulla terapia del disturbo. Tale diagnosi si avvale di vari strumenti, quali questionari anamnestici, colloqui clinici, osservazioni e somministrazione di test sulle funzioni cognitive e sulle abilità strumentali, al fine di effettuare una valutazione accurata del bambino, identificare altri disturbi che possono mimarne i sintomi (diagnosi differenziale) o che possono associarsi ad esso (comorbidità) e stendere il profilo funzionale del bambino. È importante sottolineare che la valutazione deve sempre coinvolgere oltre al bambino, i suoi genitori e gli insegnanti. Devono essere raccolte da fonti multiple informazioni sul comportamento e la compromissione funzionale del bambino, tenendo in considerazione i fattori culturali e l’ambiente di vita. A questi professionisti si possono affiancare altre figure, come Logopedista e Neuro psicomotricista, qualora vi sia la necessità di approfondire altre aree in cui il bambino mostra delle fatiche.

Cosa si sa rispetto alle cause? È bene sottolineare che si parla di cause e non di causa, in quanto non esiste una sola causa dell’ADHD, ma esistono più fattori di rischio che, insieme, hanno più o meno probabilità di determinare i sintomi. Fattori biologici ed ereditari predispongono il bambino a un determinato temperamento che viene poi ad incontrare le influenze ambientali, determinate prima dall’ambito familiare e in seguito da quello scolastico ed extra scolastico.

È importante sottolineare che NON è lo stile educativo la causa del disturbo, anche se esso ha un ruolo cruciale nel modularlo. L’ambiente familiare può quindi favorire delle condizioni di aggravamento del disturbo e il mantenimento di alcuni comportamenti inadeguati, ma può anche produrre fattori di miglioramento.

Per questo motivo, una volta ottenuta la diagnosi, per gestire in maniera efficace le problematiche e le difficoltà legate all’ADHD, è necessario attivare un trattamento multimodale, finalizzato ad ottenere il benessere del bambino nel suo contesto di vita, rispondendo ai bisogni dei genitori, degli insegnanti e del bambino stesso.

 

Per chi fosse interessato a conoscere meglio il disturbo attraverso l’esperienza diretta di un ragazzo e dei suoi genitori, consigliamo la visione del seguente documentario: “Un’orchestra senza direttore” di Davide Rizzi

https://www.youtube.com/watch?v=cYHflpObKpc&ab_channel=Dr.Beppujah

 

 

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