“Grazie all’intelligenza sociale ti sentirai più felice e più forte e le tue relazioni interpersonali saranno più solide.”

Daniel Goleman

 

Sapere relazionarsi con i coetanei è senza dubbio uno dei compiti più difficili che un bambino si trova a dover affrontare. Le relazioni con i pari inoltre si fanno, con il passare del tempo, sempre più complesse: si passa dall’amichetto dei primi anni di infanzia alla formazione di piccoli gruppi più strutturati, con un aumento progressivo dell’importanza che assume il consenso da parte dei pari per il bambino prima e per l’adolescente dopo.

 

Perché è così difficile stare con l’altro?

Le competenze sociali sono quell’insieme di capacità di natura psicologica, relazionale e comunicativa, che svolgono un ruolo fondamentale nella corretta interpretazione ed uso, da un punto di vista cognitivo ed affettivo, delle norme di interazione sociale. Le competenze sociali si reggono e si sviluppano a partire da una dimensione chiamata cognizione sociale, ovvero l’abilità di costruire rappresentazioni della relazione fra sé stessi e gli altri e di usare queste rappresentazioni per realizzare comportamenti finalizzati e adattati al contesto (Adolphs, 2003).

Le basi neurobiologiche della cognizione sociale sono riferibili alle aree che costituiscono il cervello sociale, comprendenti l’amigdala, la corteccia fronto-orbitale e quella temporale e il sistema dei neuroni specchio.

Entrando nel dettaglio di questa abilità, gli psicologi che si sono occupati di social skills hanno proposto un elenco di capacità necessarie per operare in modo socialmente competente:

  • la teoria della mente, ovvero la comprensione degli stati mentali propri e altrui, in termini di pensieri, emozioni ed intenzioni, che permette di prevedere e dare significato al comportamento delle persone nei diversi contesti;
  • l’individuazione di strategie di azione adeguate, in termini di problem solving sociale, al fine di intraprendere e portare a termine positivamente un’interazione sociale, anche quelle più conflittuali;
  • la comprensione delle conseguenze delle proprie azioni e lo stile attributivo delle stesse, ovvero il modo in cui ciascun individuo spiega a se stesso gli eventi della propria vita;
  • la regolazione delle emozioni, ossia la capacità di esprimere in modo appropriato le emozioni positive e di modulare l’espressione di quelle negative;
  • strategie di comunicazione verbale e non-verbale appropriate;
  • attenzione consapevole all’altro;
  • comportamenti positivi ed altruistici, guidati dall’empatia.

Cuore centrale di queste competenze è l’assertività. Essere assertivi significa comunicare i propri bisogni, le proprie idee, i propri sentimenti in modo deciso, chiaro e onesto, senza scavalcare i diritti degli altri a manifestare le loro, né essere prevaricati. La persona che riconosce i diritti propri e quelli altrui è pronta ad ascoltare il punto di vista espresso dall’interlocutore e ad esprimere il proprio mantenendo rispetto e riguardo.

L’efficacia sociale viene quindi vista come il raggiungimento di un equilibrio tra la componente sociale e quella individuale, ovvero tra la capacità di raggiungere i propri obiettivi legati ai diversi ambienti di vita e la capacità di mantenere buone relazioni sociali con gli altri. L’adeguata integrazione tra queste due abilità richiede un cammino di apprendimento, volto a rendere maggiormente consapevoli gli individui dei diritti personali, delle idee disfunzionali e degli schemi mentali rigidi che conducono inevitabilmente ad emettere comportamenti sbagliati, nonché a generare emozioni e stati d’animo negativi che influiscono sulla socio-relazionalità.

 

È possibile allenare le social skills?

Esistono specifici training pensati per aumentare la competenza comunicativa, comprendere meglio se stessi e gli altri ed interagire più efficacemente con loro.

In tali percorsi dopo l’introduzione e la sperimentazione in piccolo gruppo delle singole competenze, viene richiesto ai partecipanti di provare a mettersi alla prova nella vita di tutti i giorni e successivamente viene chiesta un’autovalutazione dell’esperienza al fine di creare un effetto apprendimento.

Il principio è quello dell’apprendimento sociale di Bandura che prevede che attraverso l’imitazione prima e la messa in atto poi di alcuni comportamenti, si possa aumentare la propria autoefficacia. I metodi che lo rendono possibile sono l’analisi narrativa e/o semantica di alcuni momenti della storia personale in determinate situazioni sociali, il modeling, il role-playing, la generalizzazione ed il problem-solving.

Questi training non hanno uno specifico target, sono pensati per tutti coloro che hanno delle difficoltà a livello socio-relazionale o vogliono implementare le proprie competenze sociali. Tuttavia, sulla base di alcune ricerche condotte negli ultimi decenni, gli psicologi hanno identificato alcuni beneficiari principali: soggetti con disturbo dello spettro autistico, in particolare ad alto funzionamento, soggetti con disturbo non verbale, soggetti con ADHD e soggetti con ansia sociale.

La socio-relazionalità ha un’influenza diretta su come vengono svolte tutte le attività nella società. Per evitare situazioni di rifiuto o di insuccesso, bassa autostima, stress e frustrazione occorre fornire un sostegno a tutte le persone che manifestano difficoltà in quest’area. Perché ad ognuno deve essere garantito il proprio posto, senza sentirsi fuori posto.

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