Leggere l’ora, calcolare il conto al ristorante, decidere quanti grammi di pasta cucinare, stimare lo sconto di un vestito in saldo partendo dalla percentuale…sono solo alcuni esempi di come i numeri facciano parte della nostra vita quotidiana. La capacità di gestire e manipolare questo tipo di informazioni diventa un requisito fondamentale per interagire in maniera efficace con il nostro ambiente.

Contare è un’abilità così normale e consolidata nell’adulto che fatichiamo a ricordare lo sforzo e gli errori per i quali siamo passati prima di poterla maneggiare in maniera disinvolta. Padroneggiare l’abilità del conteggio necessita di una serie di conoscenze e apprendimenti complessi che richiedono tempo per essere correttamente acquisiti. Sono numerosi gli errori commessi dei bambini in queste fasi di apprendimento, che nel caso dei bambini con DSA possono persistere nel tempo.

Con il termine Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) ci si riferisce a un gruppo eterogeneo di disturbi consistenti in significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di abilità di lettura, scrittura e matematica, dovuti a disfunzioni del sistema nervoso centrale. I disturbi sono dovuti a un deficit neuropsicologico a livello dei meccanismi deputati all’apprendimento. Quindi non possono essere attribuiti a svantaggi socioculturali, allo scarso impegno o a un insegnamento inappropriato.

Un altro aspetto importante è che i disturbi dell’apprendimento sono specifici, cioè interessano un’abilità circoscritta, mentre il funzionamento intellettivo globale è preservato. C’è una discrepanza tra le capacità intellettive nella norma e un’abilità specifica che risulta deficitaria in rapporto all’età e alla classe frequentata dal soggetto.

Una definizione chiara e precisa di Discalculia risulta difficile dato l’elevato numero di fattori che concorrono per un’identificazione puntuale del disturbo. L’International Classification of Deseases (ICD-10) la definisce come un’incapacità a comprendere i concetti alla base di particolari operazioni aritmetiche; una mancanza di comprensione di termini o dei segni matematici; il mancato riconoscimento dei simboli numerici; la difficoltà di adattare le manipolazioni aritmetiche standard; la difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si sta considerando; la difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali o simboli durante i calcoli; la difettosa organizzazione spaziale dei calcoli aritmetici; l’incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le tabelle della moltiplicazione.

Seguendo le indicazioni della Consensus Conference si possono individuare due profili di discalculia:

  1. Debolezza nella struttura cognitiva deputata all’elaborazione delle componenti numeriche, discalculia profonda. In questo caso i bambini mostrano fin dalle prime fasi dello sviluppo delle forti difficoltà nel discriminare correttamente tra quantità, sbagliano frequentemente quando gli viene chiesto di decidere quale di due insiemi sia più numeroso e compiono degli errori nel mettere le quantità in ordine dal più piccolo al più grande;
  2. Deficit negli aspetti procedurali e di calcolo, discalculia procedurale. I bambini compiono frequenti errori nell’incolonnamento dei numeri quando devono svolgere un calcolo scritto; a questo possono associarsi errori nella procedura, come nel riporto e nel recupero dei fatti aritmetici.

Il primo profilo è una condizione piuttosto rara che può essere definita come una vera e propria cecità ai numeri. Butterworth aveva ipotizzato che ogni essere umano possiede fin dalla nascita una serie di circuiti cerebrali preposti all’elaborazione dell’informazione numerica: questo insieme di neuroni definiti modulo numerico costituisce il nostro cervello matematico che ci permette di percepire il mondo in termini di quantità. Così come fin dal primo giorno di vita siamo predisposti a vedere i colori, nello stesso modo siamo in grado di leggere il mondo in termini di quantità e numerosità. E proprio come persone possono nascere cieche ai colori, alcuni nascono ciechi ai numeri e alle quantità numeriche.

La seconda tipologia è invece più diffusa e riguarda problematiche a livello procedurale e nell’acquisizione degli algoritmi del calcolo. Si evidenziano difficoltà nella lettura e scrittura dei numeri con errori lessicali (scambi di cifre) e sintattici (difficoltà nel riconoscere il valore posizionale delle cifre), nel recupero dei fatti aritmetici (tabelline e calcoli rapidi, di cui si conosce il risultato, senza necessità di calcolarlo ogni volta), di incolonnamento e nelle procedure di calcolo scritto, ad esempio nell’applicazione del prestito e del riporto, nel ricordarsi l’ordine delle azioni da compiere e la loro direzione (alto-basso, destra-sinistra).

È importante capire quali sono gli errori tipici fatti dai bambini, in modo da poter individuare quale sistema è compromesso e di conseguenza impostare il corretto programma di potenziamento, tenendo presente che una difficoltà ad un livello ha ripercussioni a cascata sugli altri: ad esempio, un bambino con difficoltà nel recupero dei fatti aritmetici presenterà difficoltà nel calcolo a mente e in quello scritto: potrebbe sbagliare nel recuperare il risultato di un’operazione scrivendo 6×5=35; oppure cercherà un altro modo per risolvere il calcolo (6+6+6+6+6) che richiederà uno sforzo cognitivo notevole e rallenterà l’esecuzione del calcolo.

 

Una riflessione importante va dedicata al “trattamento degli errori”, ovvero il modo in cui i fallimenti vengono considerati, perché questo può modificare la percezione di competenza da parte dell’alunno, la percezione cioè delle proprie capacità e abilità in un certo ambito, che influenzerà a sua volta la naturale spinta a cimentarsi con compiti nuovi, impegnativi e difficili. Un bambino che si cimenta nel compito e riceve dall’ambiente approvazione o viene incoraggiato nel riprovare, viene legittimato al “diritto di sbagliare”, ovvero gli viene concessa la possibilità di sbagliare e viene incoraggiato a mettersi alla prova e a svolgere i compiti, anche quelli che possono risultare più ostici, accompagnandolo con un clima di fiducia piuttosto che di giudizio. Il bambino può inoltre fare degli eventuali insuccessi, delle possibilità da cui imparare i concetti e le procedure, ma anche sviluppare quel senso di fiducia nelle proprie possibilità, senza le quali si può ritrovare a non voler nemmeno provare ad affrontare i compiti. È quindi fondamentale che l’alunno di fronte ai propri tentativi di padronanza del compito, riceva approvazione che gli permetta di interiorizzare un sistema di fiducia che produce piacere e senso di sfida e aumenta la percezione della propria competenza con la conseguenza di creare maggiore impegno e investimento nei compiti successivi.

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