Il disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività (DDAI o ADHD) è un disturbo cronico e pervasivo dell’età evolutiva i cui sintomi clinici primari sono la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività. Chi ne soffre presenta tipicamente problemi di pianificazione e auto-organizzazione, disregolazione comportamentale ed emotiva e una difficoltà specifica nell’inibire risposte precedentemente apprese anche quando queste sono inadeguate rispetto al contesto (Sagvolden et al. 2005). A causa delle difficoltà sul piano dell’autoregolazione, i bambini con ADHD agiscono spesso impulsivamente, falliscono nel prevedere le conseguenze a breve e a lungo termine del proprio comportamento e tendono ad emettere comportamenti che portano ad una compromissione del loro funzionamento a livello scolastico, familiare e sociale.

Le linee guida nazionali ed internazionali ritengono che il trattamento elettivo dell’ADHD debba basarsi su un approccio multimodale, che preveda il coinvolgimento non solo del bambino ma anche dei contesti educativi nei quali vive e agisce. Ad oggi la terapia farmacologica e quella comportamentale sono considerate gli interventi evidence-based (basati sull’evidenza scientifica) per l’AHDH (The MTA Cooperative Group, 1999). Con la diffusione delle terapie comportamentali di “terza generazione”  (ACT, Hayes et al. 1999; DBT, Linehan 1993; MBCT Segat et al 2002) si sono sviluppati programmi specifici che sono risultati efficaci anche per bambini e adolescenti con ADHD. Molti di questi prevedono l’utilizzo della Mindfulness, definita da Jon Kabat-Zinn come “la consapevolezza che emerge nel prestare attenzione intenzionalmente e in modo non giudicante al manifestarsi dell’esperienza momento dopo momento” (2003). Le pratiche di Mindfulness invitano l’individuo a portare e riportare l’attenzione in modo gentile e non giudicante su stimoli neutri come il respiro o le sensazioni che derivano dai 5 sensi. L’esercizio costante di osservare che la distrazione sopraggiunge ed è possibile ri-orientare l’attenzione su qualcosa di concreto come il respiro, aiuta l’individuo a prendere coscienza del funzionamento della mente (Klingberg et al. 2005), favorisce l’aumento della consapevolezza di sé, il senso di efficacia e di padroneggiamento della propria mente, riducendo l’impatto di stati mentali particolarmente dolorosi e intensi, oltre che la frequenza di risposte disfunzionali.

Sono molteplici gli studi che dimostrano l’efficacia dall’impiego dei protocolli di Mindfulness nell’ambito di interventi per il trattamento di problematiche comportamentali in età evolutiva.

Una review (strumento secondario di ricerca scientifica  il cui obiettivo è quello di riassumere dati provenienti da strumenti di ricerca primari) e meta-analisi (tecnica statistica che consente di integrare i risultati di diversi studi clinici in un unico indice quantitativo) del 2018 (Chimiklis et al., 2018) ha analizzato i risultati di 11 studi, condotti tra il 2011 e il 2015 sull’efficacia di interventi basati sulla Mindfulness con bambini e adolescenti con diagnosi di ADHD. Tale review mette in luce gli effetti positivi dei training su una serie di problematiche come la disattenzione (riferita sia dai genitori che dagli insegnanti) e l’impulsività/iperattività. Inoltre, hanno contribuito a migliorare la relazione tra genitore e bambino, le funzioni esecutive, le prestazioni ai compiti (e il rendimento scolastico) e a ridurre lo stress genitoriale.
In un libro di recente pubblicazione, all’interno del quale viene presentato un training sulla  Meditazione Orientata alla Mindfulness (MOM) per i bambini con ADHD, gli autori mettono in luce gli esiti positivi neuropsicologici, psicopatologici e di funzionamento in età evolutiva.
I processi attentivi che la pratica della Mindfulness consente di potenziare riguardano, secondo gli autori, l’attenzione selettiva (durante le pratiche di Mindfulness viene esercitata la focalizzazione dell’attenzione su un particolare aspetto dell’esperienza, come il respiro, i suoni, il gusto…), l’attenzione sostenuta (viene esercitato il mantenimento dell’attenzione sull’esperienza nel momento presente, soprattutto quando le pratiche aumentano progressivamente in durata) e lo switching (la Mindfulness ci permette di allenare la capacità di spostare flessibilmente l’attenzione da uno stimolo ad un altro) (Crescentini, Meneghini 2019).
Le pratiche di Mindfulness sono parte integrante anche del primo protocollo italiano di Child Training per l’ADHD basato sui principi dell’ACT (Acceptance and Commitment Therapy – S. Hayes) ideato dall’equipe del Centro regionale ADHD attivo presso l’IRCCS E. Medea di Bosisio Parini (LC).
La ricerca scientifica sull’efficacia clinica della Mindfulness è in pieno fermento, non solo per il trattamento dell’ADHD ma per una molteplicità di problematiche e patologie. Altri studi in corso consentiranno di fare maggiormente luce su come questi interventi possano essere al servizio del  benessere di bambini, adolescenti e delle loro famiglie.

Quando presti attenzione alla noia
diventa incredibilmente interessante.

(J. Kabat-Zinn)
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